Ciro Pavisa
Ciro Pavisa era nato nel 1890 a Mombaroccio, a cento metri dal Santuario del Beato Sante.
” Il 7 marzo del 1890 alle ore 11,30 al Passo del Beato Sante di Mombaroccio nasce Ciro – Giuseppe – Marzio Pavisa da Antonio muratore e Chiara Damiani, sartrice; residenti al N° 12 via Passo”.
Già tredicenne aveva meravigliato i paesani con i suoi disegni tanto che la Giunta Comunalestabilì, con delibera, di offrire una sovvenzione alla famiglia, affinché il ragazzo potesse frequentare la Scuola d’Arte di Urbino.
” ha attitudine speciale per la pittura e forse anche per la scultura…torna a lustro e decoro e quindi vantaggio morale … di questo Comune. Allorquando nei mesi scorsi furono esposti al pubblico i disegni del tredicenne Ciro Pavisa… generale fu l’espressione del voto che fosse tosto provveduto acchè Pavisa entrasse in un Istituto come già si fece, essendosi appunto ottenuta la sua ammissione nell’Istituto di Belle Arti di Urbino, dove fu subito riconosciuta e apprezzata la sua disposizione all’arte”
Ad Urbino ebbe come Maestro Luigi Scorrano, discepolo di Domenico Morelli, poi a Roma.
Nella città eterna fu influenzato dal divisionismo di Giovanni Segantini e Gaetano Previati. Conseguita l’abilitazione all’insegnamento del disegno e la licenza di decorazione pittorica inizia l’insegnamento nelle varie città d’Italia, passerà per la Toscana, a Padova per poi tornare nel 1931 a Pesaro dove ottiene la cattedra presso l’attuale Istituto Statale d’Arte “Ferruccio Mengaroni”.
Il 24 agosto 1944 durante lo scoppio della guerra Ciro Pavisa e la sua famiglia trovarono rifugio nelle grotte del Santuario del Beato Sante e vi rimasero fino al 27 agosto.
Il legame con il suo paese e con il suo Santuario rimase sempre ben saldo pur vivendo e abitando in altre città d’Italia, facendosi chiamare, sopratutto negli ultimi anni del suo operato “Ciro Pavisa da Mombaroccio”.
Morì nel 1972.
Ma chi è veramente Ciro Pavisa? E’ uno dei pittori d’arte sacra tra i più attivi nelle Marche.
“Egli dipinge – afferma Ivana Baldassari – perché senza dipingere non potrebbe vivere, sarebbe come vivere senza cuore, senza sole, senza acqua”.
Giulio Cantalamessa, il critico d’arte tra i più accreditati dei primi del 900, fu tra i primi adapprezzarlo e sollecitò altri critici ad interessarsi di lui.
Ma oltre l’arte sacra, che rimane sempre l’ambito da lui preferito, si dedicò anche alla “pittura a cavalletto” – in questa area sembra mostrare una certa attrattiva verso i Macchiaioli. Per i motivi, sopra elencati, mi sembra giusto definire il nostro artista un eclettico.
L’espressività pittorica del Pavisa si manifesta in due diverse direzioni, non facilmenteamalgamabili: l’arte sacra e l’arte a cavalletto. Entrambe le esperienze non si possono ignorare,sono per il Pavisa come l’anima e il corpo, l’eterno e il temporale, la metafisica e la fisica, lo spazio e l’infinito.
Troviamo i suoi dipinti nella Chiesa di Santa Susanna a Villagrande di Mombaroccio, in particolare nella cupola e nell’abside della chiesa, e nel Santuario del Beato Sante il quale contiene diverse opere del Pavisa oltre che diversi ritratti.