La Storia

L’origine di Mombaroccio non è stata ancora esattamente individuata, così come il nome, che la tradizione popolare attribuisce a “biroccio”, il tipico carro agricolo marchigiano.

L’origine si fa risalire comunque al XIII secolo e, secondo le fonti storiche, il borgo medioevale fu edificato recuperando i ruderi di cinque castelli presenti nelle colline circostanti, come rappresentato nello stemma comunale.

La storia del paese è strettamente legata a quella del contado pesarese: Monte Baroccio (nome usato fino al XVIII sec.), come tutti gli altri castelli limitrofi, dipese strettamente dalla città di Pesaro, nella quale erano insediati i Malatesta.

Certamente il periodo malatestiano segnò definitivamente l’assetto urbano di Mombaroccio con la costruzione delle mura fortificate esterne all’abitato, che ancora oggi si presentano in gran parte ben conservate, ed alle quali appartiene il nucleo più antico della splendida Porta Maggiore. La successione degli Sforza ai Malatesta, avvenuta nel 1445 dopo centosessanta anni di signoria, coincise praticamente con la introduzione in loco delle prime armi da fuoco, evento che provocò una radicale trasformazione delle strategie d’offesa e di difesa e conseguentemente delle tecniche di fortificazione. Risalgono a quel periodo infatti i massicci torrioni che completano le mura, due dei quali incorniciano Porta Maggiore.

Nel 1510 nel ducato di Urbino subentrano i Della Rovere. Nel 1543, la decisione ducale di liberare questa comunità dalla soggezione alla città di Pesaro, subinfeudandola ad uno dei suoi cortigiani più cari e meritevoli, il signor Ranieri dei marchesi Del Monte, rese Mombaroccio economicamente indipendente.

Guidobaldo Del Monte, secondo conte di Mombaroccio del quale nell’anno 2007 è ricorso il 400° anniversario della morte, figlio di Ranieri e succedutogli nel 1545, fu insigne scienziato, matematico, fisico e tecnico, celebrato in tutta Europa.

Collaboratore e ispiratore del genio di Galileo Galilei, del quale fu anche mecenate, scoprì una cometa nell’anno 1604. A lui è dedicato il sonetto: “Misurator dè gran celesti corpi” scritto da Torquato Tasso, suo compagno di studi durante l’infanzia.

Le sue opere più famose sono senza dubbio il “Mechanicorum Liber”, pubblicato nel 1577, un trattato sulla meccanica e un trattato di geometria proiettiva dal titolo “Perspectivae Libri Sex”, pubblicato nel 1600.

Quando Ranieri II, nipote di Guidobaldo, muore nel 1644, Mombaroccio passa sotto l’amministrazione della famiglia dei Castracane.

Fu, forse, il periodo di maggiore originalità e vitalità della storia del paese, caratterizzato dalla chiara consapevolezza della centralità del problema dell’autonomia e dalla capacità di esprimere nel ceto dirigente la preparazione giuridico-amministrativa per affrontarlo e in tutto il corpo sociale la volontà di far fronte comune e una forte solidarietà. Nel periodo napoleonico quest’ordine e questi equilibri (per altri versi inadeguati ed iniqui), vennero scardinati: le più cospicue famiglie si estinsero (Barocci) o decaddero rovinosamente (Giammartini). Quel che restò dell’asse ereditario dei Del Monte si disperse e il patrimonio ecclesiastico venne scompaginato.

Nuovi equilibri si crearono negli anni della Restaurazione, nuovi slanci si manifestarono negli anni del Risorgimento e nei primi decenni postunitari.

Non riuscirono tuttavia a consolidarsi per affrontare adeguatamente la crisi di fine ‘800 e soprattutto gli sconvolgimenti dell’ultimo dopoguerra.